Parliamo del Tap, il «Trans Adriatic Pipeline», un gasdotto che trasporterà 10 miliardi di metri cubi di gas l’anno, eventualmente raddoppiabili e con un investimento di 40 miliardi di euro. Il Consiglio dei Ministri ieri sera ha detto che l’opera si farà. Ha ascoltato i rilievi degli enti locali ma alla fine ha deciso d’imperio Renzi. E d’altro canto lo Sblocca Italia ha sancito a norma di legge il decisionalismo centralizzato.
Le voci di regime oggi provano a rassicurare: “Saranno massimizzate le ricadute economiche sul territorio” per “un’opera necessaria per rendere l’Italia un bacino, un contenitore di gas per l’intera Europa”.
Noi del M5S abbiamo contestato in tutti i modi quest’opera che invece è inutile. Lo dicemmo anche in un’interrogazione al ministro dello Sviluppo economico. Ma al di là di tutti i ragionamenti e dei dati a disposizione, il governo ha deciso di tirare dritto.
Siamo di fronte a una politica energetica schizofrenica. Da un lato paghiamo circa 3 miliardi in 6 anni con le bollette dei cittadini le interconnessioni progettate e forse realizzate per portare energia elettrica dai mercati esteri all’interno, in quello italiano.
Dall’altro, a livello europeo, il mercato dell’energia e i suoi obbiettivi di interconnessioni metteranno di fatto in collegamento l’energia elettrica dei vari paesi Ue. Ed essendo l’Italia uno dei paesi europei in cui l’energia elettrica costa maggiormente, ci vien difficile capire a chi servirà veramente il TAP dato che dal punto di vista economico generare energia elettrica in Italia da gas per mercato elettrico europeo non converrà, e ancor meno utilizzare quel gas per esportarlo verso Nord Europa.
E i dubbi sono anche tedeschi. Infatti l’Agenzia per le Reti di Berlino (BnetzA) ritiene che non ci sono prove fino ad ora “che l’iniziativa sia necessaria dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti e della domanda del mercato, nella prospettiva odierna e per il prossimo decennio”. “Nessun Tso (i gestori di rete in Europa nda) ha sinora fornito solide prove che l’iniziativa sia necessaria dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti e della domanda del mercato, nella prospettiva odierna e per il prossimo decennio”
E la visione del governo come combacia con i dati ufficiali secondo i quali la domanda di gas nel nostro Paese è in calo da quattro anni? Si corre il rischio che i risparmi sui prezzi di acquisto saranno annullati dai maggiori costi (fissi) legati ad avere troppe infrastrutture.
Secondo quanto riportato nelle statistiche del consorzio Eurogas, il 2013 ha chiuso in calo rispetto al 2012 e le previsioni formulate da Snam, per il mercato italiano, non ritengono che nel 2023 si arriverà a superare nei consumi nazionali la quota di 75 miliardi di metri cubi, ben al di sotto di quanto consumato nel 2005.
È insomma l’ennesimo investimento che già sulla carta non prevede di fornire i ritorni economici sperati. Non parliamo solo di impatto ambientale ma del rischio concreto che saranno i cittadini a colmare la differenza versando onerosi oboli in bolletta. È già accaduto con il rigassificatore di Livorno, dichiarato strategico, e per il quale i consumatori dovranno pagare 83 milioni di euro solamente per il 2015.