INFIAMMAZIONE E GENESI DELLA MALATTIA

Il medico abile è un uomo che sa divertire con successo i suoi pazienti, mentre la Natura li sta curando. Voltaire

Avete presente quando si dice che una persona “è acida”? Ebbene, questa condizione non è solo emotiva e psicologica, ma può anche essere fisiologica. Accade quando l’organismo è particolarmente sovraccarico di cataboliti e tossine e, in tal caso, si parla di “acidosi metabolica”, che potete immaginare come la “madre” di tutte le malattie da civilizzazione. Le scorie acidogene sono come la “cacca” di un bebè nel pannolino: non deve mai essere lasciata per troppo tempo a contatto con il sederino altrimenti si infiamma tutto. Chi ha avuto un bambino piccolo lo sa benissimo. A “togliere la cacca” al bebè ci pensa la mamma, mentre quando si tratta di togliere le scorie acide dalla matrice ci pensa, in prima istanza, il sistema linfatico. Vi invito a immaginarlo come lo spazzino che tutte le mattine passa da casa vostra per portar via i sacchetti dell’immondizia.

L’infiammazione

Quando il sistema linfatico è sovraccarico, si mettono in moto meccanismi di detossicazione e drenaggio suppletivi, grazie alla produzione di alcuni enzimi (per esempio la ialuronidasi) che producono una condizione continuativa di “stato di Sol” del connettivo (che è la fase di smaltimento delle tossine). Questa fase di Sol, che di solito dura 12 ore, in questo caso continua fino a calor, cioè da tumefazione, rossore, dolore e calore. Negli ultimi anni, la scienza ha dimostrato che il nostro sistema immunitario inizia a funzionare in maniera ottimale a partire da una temperatura di circa 38 °C e mezzo, al di sopra della quale è particolarmente pronto a “dichiarare guerra agli intrusi”, che si trattino di batteri, virus, tossine ecc. Guarda caso, una delle terapie utilizzate nella cura dei tumori è l’ipertermia, che produce un forte aumento della temperatura nella zona malata, cioè uno stato infiammatorio artificiale, proprio perché questo determina un forte stimolo immunitario. Infatti, basta elevare anche soltanto di un grado la temperatura corporea per produrre un forte aumento del potenziale immunitario!

Che cosa accade se si blocca l’infiammazione?

Se l’infiammazione e la febbre non vengono considerate correttamente, cioè come meccanismi biologicamente opportuni, bensì come una malattia da combattere, saranno ovviamente affrontate con farmaci “anti” (antinfiammatori, antibiotici, antipiretici, antinevralgici ecc.), che bloccheranno l’infiammazione stessa, abbassando semplicemente la temperatura del corpo, così che anche la febbre scomparirà.

Con quale meccanismo agiscono i farmaci “anti”?

Purtroppo, la caratteristica comune di questi farmaci è proprio quella di abbassare la temperatura del corpo, impedendo al sistema immunitario di mettersi in moto; questo produce un immediato viraggio dalla fase di Sol (fase in cui agisce l’infiammazione) a quella di Gel (stasi), senza prima aspettare che la matrice sia stata completamente ripulita dagli agenti tossici che hanno scatenato la logica reazione del sistema immunitario. Questo viraggio intempestivo verso la fase di Gel fa rapidamente scomparire tutti i sintomi dell’infiammazione, così che medico e paziente risultino soddisfatti del risultato ottenuto, convinti di aver raggiunto la guarigione attraverso l’eliminazione di tutti i sintomi. In realtà, però, è stato solo staccato il segnale d’allarme… Tale guarigione, pertanto, è solo apparente poiché il fine ultimo, cioè la rimozione della causa per cui si era accesa l’infiammazione, non è stato raggiunto: le tossine sono rimaste nel connettivo e il problema è solo rimandato. Una volta passato l’effetto dei farmaci, le stesse tossine che avevano provocato il primo episodio di infiammazione ne faranno riaccendere un altro. Il medico prescriverà nuovamente le stesse medicine ogni volta si ripresenterà l’infiammazione, con il beneplacito del paziente stesso che pensa di essere stato guarito, in precedenza, grazie a quei farmaci “anti”. Questo meccanismo perverso di blocco immunitario, che si ripete ogni qualvolta il paziente denuncia uno stato infiammatorio, può durare anni. Pensate a quante persone oggi utilizzano con superficialità gli antinfiammatori senza neanche più chiederli al medico! Per non parlare dei cortisonici oppure dei farmaci immunosoppressori.
Prima o poi, però, ci si trova a sperimentare che gli effetti ottenuti non sono più quelli attesi, in quanto con il passare del tempo le infiammazioni tenderanno a ripresentarsi con maggiore frequenza e sempre più gravi, e non potranno più essere così facilmente gestibili come lo erano state la prima volta, poiché l’infarcimento tossiemico della matrice aumenterà sempre di più, dato che proprio quei farmaci hanno impedito lo smaltimento tossinico.

La malattia autoimmune

Da quanto appena detto, potete ben comprendere che non esiste una reale differenza tra i vari farmaci che si usano di solito negli stati infiammatori, sia che essi si chiamino antinfiammatori, antibiotici, antipiretici ecc. Sono tutti farmaci “anti”: del resto, basta pensare al termine antibiotico, composto da “anti” e “ bios ”, cioè anti-vita ! La cosa davvero incredibile è che tutti pensano che l’infiammazione dipenda dai batteri e che guariamo perché gli antibiotici eliminano gli intrusi, cioè quelli che si credono esserne i responsabili. Non esiste ancora la consapevolezza che lo stato infiammatorio esiste quasi sempre a prescindere dai batteri: si pensi, per esempio, all’artrite o all’artrite reumatoide. Inoltre, se anche volessimo dare credito alla causa batterica, visto che ne ospitiamo miliardi, quanti batteri pensate possa uccidere un antibiotico? Per fortuna pochi, altrimenti morirebbe anche il paziente, visto che viviamo in simbiosi con il nostro “microcosmo”. Non si ha ancora, purtroppo, neanche la coscienza dell’esistenza di un “terreno organico” dove i batteri tendono ad adattarsi e a trasformarsi in ceppi più virulenti e, quindi, resistenti ai comuni antibiotici a mano a mano che il terreno diventa più compromesso, cioè quando è infarcito di veleni e acidificato (questa realtà sta sempre più allarmando il mondo della Sanità, perché si verifica soprattutto nelle strutture sanitarie quali ospedali e cliniche). A peggiorare la situazione troviamo anche un cambiamento dei parametri elettromagnetici, come il pH, lo stato di ossidazione ecc. La formazione di batteri “cattivi” nella matrice è anch’essa la logica conseguenza di un terreno alterato, cioè non sano. È dunque legittimo chiedersi a cosa serva l’uso di questi farmaci “anti”, se non in rari casi, cioè per quelle patologie ormai troppo compromesse. L’infiammazione e la febbre passano proprio perché tutti questi farmaci hanno lo stesso identico meccanismo d’azione: abbassano la temperatura del corpo, con la nefasta conseguenza di ostacolare il potenziale lavoro benefico del sistema immunitario. Appare ora chiaro che, sopprimendo sistematicamente le infiammazioni, si determina un accumulo sempre maggiore di tossine le quali, producendo uno stato di Gel continuativo, contrastano la fase catalitica, cioè la fase dello smaltimento delle scorie metaboliche e delle tossine stesse. In tal modo il connettivo si impregna sempre più profondamente di sostanze estranee, alle quali vanno ad aggiungersi anche le proteine dei batteri “uccisi” dai farmaci. Infatti, se è vero che una piccola parte di batteri muore, è altrettanto vero che i batteri “morti” non hanno perso il loro potenziale “antigenico”, poiché restano comunque nel tessuto connettivo, contribuendo al perverso meccanismo dell’autoimmunità.

La genesi della malattia autoimmune

Abbiamo detto che l’uso dei farmaci “anti” provoca un viraggio forzato dalla fase di Sol alla fase di Gel, senza che il connettivo sia stato prima detossicato completamente. Sappiamo anche che la fase di Gel è caratterizzata dalle nuove sintesi proteiche che dovrebbero essere attuate in un connettivo pulito. Se, però, le sintesi proteiche si verificano in un connettivo ancora impregnato di materiale estraneo (ripetiamolo: batteri, virus, molecole chimiche e farmacologiche, proteine di batteri uccisi dai farmaci ma non smaltiti ecc.), si produrranno nuove proteine che, purtroppo, potranno includere nella loro struttura anche materiale estraneo all’organismo, cioè non self . Detto in altri termini, si produrranno delle proteine anomale, così chiamate in quanto formate non solo da materiale proprio ( self ), ma anche da pezzi estranei (non self ). Queste proteine anomale, così sintetizzate, sono delle strutture abnormi e sono considerate indesiderate dal nostro sistema immunitario che, quindi, prima o poi le attaccherà. Infatti, nonostante queste proteine anomale siano costituite quasi totalmente da molecole proprie dell’organismo, contengono nella loro struttura anche piccole parti estranee (apteni farmacologici, proteine batteriche ecc.) sufficienti a far considerare queste proteine non self e, quindi, da combattere; il sistema immunitario non ci penserà due volte: in questo modo si creano le basi della malattia autoimmune. Pur essendo state classificate svariate malattie autoimmuni, ho volutamente parlato di malattia autoimmune al singolare in quanto essa è semplicemente “l’infiammazione del connettivo”. Poiché il connettivo è ubiquitario (in quanto è presente ovunque nell’organismo) la classificazione delle malattie autoimmuni dipende solo dalla zona connettivale che viene colpita: per esempio, la sclerodermia al livello della matrice del derma, il morbo di Crohn e la rettocolite a livello della matrice intestinale, l’artrite reumatoide a livello della matrice delle articolazioni, la fibromialgia a livello della matrice dei muscoli e dei tendini, la sclerosi multipla a livello della matrice della guaina mielinica, la glomerulonefrite a livello della matrice renale, la tiroidite al livello della matrice tiroidea e così via. Ricordo che quando studiavo Medicina, nella prima parte degli anni Ottanta, le persone che avevano più di una malattia autoimmune venivano considerate “casi clinici eccezionali”, proprio perché non era chiaro il concetto di ubiquitarietà della matrice. Oggi, invece, sta diventando sempre più chiaro che l’acidosi metabolica impregna tutto l’organismo e che la conseguente infiammazione reattiva non può essere necessariamente localizzata in un solo settore corporeo. Alla luce di quanto detto in questo capitolo, è evidente che negli ultimi anni l’uso indiscriminato e inopportuno di farmaci “anti” ha determinato un forte aumento statistico della patologia autoimmune. Pensiamo, per esempio, a quante persone bloccano sistematicamente infiammazioni e febbri con farmaci antinfiammatori o antibiotici, antipiretici e analgesici, oppure ai danni provocati nei bambini con problemi alle tonsille, ai quali viene prescritta una terapia con penicillina a lunga azione per la durata di molti mesi o anche anni. Sempre a proposito dei bambini, pensiamo anche al momento in cui si somministrano i vaccini, che oggi sono molti di più rispetto al passato: spesso accade che, in risposta “all’insulto vaccinico” (molti miliardi di virus o batteri, vivi e attenuati, che entrano di colpo nel corpo), il sistema immunitario decida di fare un po’ di pulizia anche di questi ospiti non graditi e, per fare questo lavoro al meglio, decida di aumentare la temperatura dell’organismo del bimbo; ecco spiegata la frequente comparsa di una febbre dopo un vaccino. Peccato, però, che la febbre sia considerata la malattia da combattere e non un meccanismo di difesa biologicamente opportuno; così, invece che sostenere questo meccanismo, lo si combatte con i farmaci, impedendo che “il sacro fuoco della febbre” bruci le tossine, che resteranno nella matrice, con tutte le nefaste conseguenze che ora comprendiamo meglio. Il discorso dei vaccini vale, purtroppo, anche per tanti anziani che prendono il vaccino antinfluenzale. Insomma, ogni volta che le persone sono “curate” in questo modo, si provoca nel loro connettivo uno stato di “gelificazione” prolungata che impedisce la normale fisiologica detossificazione del connettivo medesimo, determinando la formazione di una sempre maggiore quantità di proteine anomale, con l’inevitabile comparsa della malattia autoimmune. Alla luce di quanto appena detto, risulta assolutamente illogica la credenza di moltissime persone, in primis alcuni medici, secondo la quale la malattia autoimmune è caratterizzata da un “impazzimento del sistema immunitario” che avrebbe perso la bussola, non riconoscendo più le strutture proprie del corpo ( self ) da quelle estranee (non self ), per cui andrebbe ad attaccare anche le prime. Invece, è esattamente il contrario, perché il sistema immunitario non attacca strutture self , cioè proprie dell’organismo, bensì quelle anomale, definite in omotossicologia anche con altri termini, per esempio “peptidi o peptoni selvaggi”. Per peptide o peptone selvaggio si intende una proteina anomala fatta per una percentuale da materiale self , che però ha incidentalmente inglobato molecole non self , come possono essere apteni farmacologici, oppure proteine batteriche di batteri morti, i cui “cadaveri” non sono stati eliminati per colpa dei farmaci “anti” e che di conseguenza restano nella matrice. Come detto anche in precedenza, ma repetita iuvant , nel momento del viraggio metabolico dalla fase di Sol a quella di Gel in cui si ricostruisce il corredo proteico, il rischio è quello di inglobare tali sostanze nella nuova proteina, che perciò risulterà anomala e sarà quindi attaccata dal sistema immunitario, dando così il via all’autoimmunità. Alla luce di quanto appena detto, risulta illogica la credenza che, in caso di malattia autoimmune, sia dannoso stimolare e potenziare il sistema immunitario, pena un possibile peggioramento del quadro clinico. Un’idea di questo tipo sarebbe accettabile solo nel caso fosse reale il paradigma secondo cui il sistema immunitario impazzisce, ma sappiamo che così non è, e che invece tutto il processo segue una logica perfetta.

Liberamente tratto dal
CAPITOLO 7 – MATRIX
del libro:

Il Digiuno Felice
Il segreto per essere più belli e più sani

di Salvatore Simeone Edizioni Lswr

vai all’estratto del libro

Pubblicato da mobertos

La nostra società è dominata da gente folle che persegue scopi malati. Penso che veniamo gestiti da fanatici con obiettivi fanatici, ed è probabile e che sarò io ad essere considerato pazzo per quello che ho deciso di postate qui sul blog "Esci dal Cerchio". E' questa la cosa folle! La frase è di John Lennon che ho adattato. A lui devo il merito di una certa influenza durante la mia gioventù. Da giovane avevo tanta energia e il mondo degli adulti non mi piaceva; entravo sempre in conflitto con chi voleva impormi qualcosa. Perché loro sapevano! Fin da piccolo, avevo capito invece che per imparare dovevo vivere quella cosa in prima persona. Potevano dirmi quello che volevano ma se avevo deciso di farla, la facevo, a tutti i costi. Pensavo che dovevo sperimentare sulla mia pelle le nuove esperienza che mi scoprivo giorno dopo giorno. Come si può capire, apprendere, sbagliare, senza vivere l'esperienza in prima persona? Che forse un uomo non deve mai sbagliare? Da qui la mia innata capacità ad affrontare ogni esperienza anche pericolosa, senza paura, anche al di sopra delle mie reali capacità anche pagando in prima persona. Il rischio mi ha sempre affascinato.